Nel corso della notte è arrivata nell’App Store Clear, attesa applicazione per iPhone per gestire e creare to-do list, a cui dedicai un breve articolo alcune settimane fa. Clear è stata sviluppata dalla Realmac Software e costa solo 0.79 centesimi, in occasione del lancio. Vediamo perché dovreste assolutamente prenderla.
Come il nome stesso suggerisce, uno dei punti di forza dell’applicazione è la chiarezza, che si traduce non solo in semplicità ma anche in rapidità. La UI la rende speciale e unica — non assomiglia a nessuna applicazione che abbia in precedenza provato.
La chiarezza di Clear si rivela nel fatto che non esistono bottoni e non c’è nessun menù: la UI è la lista delle nostre cose da fare, fine. L’applicazione si utilizza interamente attraverso le gesture multi touch: uno swipe a destra per completare una task, uno verso sinistra per cancellarla, uno verso l’alto per aggiungerne una nuova, un “tap” sopra una esistente per modificarla o spostarla.
Le task sono ordinate in base ad una gradazione di colori, ricordando in qualche modo una Heat Map. Quelle posizionate più in alto sono di un colore scuro — a sottolineare la loro importanza — quelle in basso di uno chiaro. Questo permette che si possa dedurre la priorità di ciascuna di esse senza dover inserire una data o informazioni aggiuntive di qualsiasi genere che, del resto, non vengono contemplate dall’applicazione: non esistono note, scadenze, tag o luoghi.
Non esistono opzioni: esistono solo le task.
Ma non sarà troppo semplice?
Suppongo che molti si staranno già domandando quale sia il punto di forza di questo software quando le alternative si configurano in svariati modi, dando all’utente una moltitudine di opzioni per ciascuna task. Partiamo dallo slogan di Clear, per spiegarlo:
“Clear ti lascia concentrare sul fare le cose che importano — e nulla più”
I suoi limiti non danno fastidio, la rendono al contrario rapida da usare. Una volta aperta non vi ritrovate davanti ad un menù, ma ad una lista. La vostra to-do list, fine. L’uso è immediato, nulla si frappone fra voi e le cose che dovete fare — non vi fa perdere tempo nella categorizzazione, organizzazione e gestione delle attività, ve le fa svolgere.
Per descriverne la potenza, prendiamo Omnifocus. Omnifocus è l’applicazione GTD meno affine a Clear in circolazione. È ricca di funzioni, ma questa ricchezza la rende complessa e va a discapito dell’immediatezza.
Non sono un grande fan di Omnifocus, come forse avrete avuto modo di notare non ne ho mai parlato su questo blog — né positivamente né negativamente. Non credo sia utile alla maggioranza delle persone, ritengo che le centomila opzioni di configurazione che offre la rendano estremamente flessibile ma anche estremamente complicata. In sintesi: secondo me con Omnifocus si rischia di perdere troppo tempo ad organizzare le proprie task in una maniacale attività fine a se stessa. Quando, invece, l’importante è “concentrarsi sul fare le cose”, non concentrarsi nell’organizzarle.
Ad esser sinceri, il mio strumento GTD preferito era (è) una lavagna — o un foglio di carta, in alternativa. Una lista di parole su cui traccio sopra una linea, una volta che ho completato le azioni a loro associate. Troppo semplice? È il sistema più efficace che ho trovato, sicuramente molto più di Omnifocus.
La realtà è che i tag, le scadenze, le categorie non servono a nulla. L’orario di svolgimento associato ad una task è un di più e, io credo, l’ordinamento per importanza adottato da Clear attraverso la differente gradazione funzioni molto meglio. Diciamoci la verità, quante volte abbiamo pianificato nel dettaglio la giornata, associando a ciascuna cosa da fare un orario per poi non rispettarlo a causa degli imprevisti, delle dilatazioni e, più semplicemente, di un errata “progettazione”? Questo sistema non tiene conto del mondo reale 1.
Ve lo dice uno che queste funzioni le ha usate a lungo, una persona che ha passato diverso tempo ad inserire nel suo elenco di “cose da fare” progetti e attività gestendoli e curandoli nei dettagli, con scadenze e informazioni aggiuntive — solo perché così facendo c’era l’illusione di aver fatto quelle cose, o se non altro di avere in mente di farle; di averle in programma. Un po’ come l’iscriversi in palestra: ci sentiamo già tutti un po’ meglio, anche se magari non ci siamo ancora andati né ci andremo.
L’organizzazione nei minimi dettagli delle attività a cui software come Omnifocus invita porta a quello che sull’Harvard Business Review è stato definito da Daniel Markovitz in “To-Do List Don’t Work” come il “paradosso della scelta”. Ovvero l’avere pianificato nella propria To-Do List 30 o più task con il risultato che:
- Le evitiamo, finendo col fare qualcos’altro.
- Scegliamo le più semplici (e veloci) posticipando le più complesse (e impegnative).
Alla fine Clear è, in qualche modo, è simile alla mia lavagna. Una lista di parole, limitata nello spazio, e nulla più. Non serve a pianificare un progetto ma a segnarsi quello che si vuole fare, nell’immediato futuro.
Alla fine, questo è quello che vi serve.
- Senza dimenticare che molto spesso si fa confusione fra gli elementi che dovrebbero entrare nella to-do list (“comprare il latte”) e quelli che al contrario farebbero parte del Calendario (“Registrare il podcast, alle 16 di domani”) ↩
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