Villabianca di Marano, autunno.
Ci metto un po’, a digerire le cose. Odio dover fare live di qualsiasi cosa, livetweeting, liveblogging, liveinstagramming, non ci sono portato. Ci devo meditare sopra. Non ho mai la risposta pronta, se mai ho quella giusta. Comunque. Son passati dieci giorni dal Travel Blogger Elevator, e ho maturato alcune considerazioni (non richieste, prendetele solo se volete), di cui solo alcune son riuscito a esprimere nel panel:
- gli anglo-americani sono bravi, eh, c’hanno pure il media kit e calcolano il BROI (Blogger ROI) per i loro sponsor. Ma hanno anche un pubblico a disposizione che è dieci, cento, mille, volte tanto quello italico. Tenetelo a mente quando vi raccontano di pagine viste, follower, e anche e soprattutto di soldi che si possono guadagnare.
- Per guadagnare soldi bloggando, da soli, dovete sacrificare la vostra vita, il vostro tempo con quello dedicato al blog, ai social media, alla “raccolta pubblicitaria”. E’ matematica, dovreste lavorarci sopra sedici ore al giorno.
- In ogni caso, prima dei mille visitatori unici al giorno, è inutile anche solo pensare alla monetizzazione. E anche prima dei tre (ma penso quattro) anni dall’apertura del blog.
- La probabilità di guadagnare soldi in questo modo è equivalente a quella di diventare calciatori professionisti
- Se volete comunque tentare, decidete in quale campionato state giocando. In quello dei consulenti del futuro o in quello della micro-editoria dei prossimi anni? Sempre che vogliate partecipare in forma agonistica — come mi sembra dalla maggior parte.
- Mai, mai, mai farsi dettare la linea editoriale dagli sponsor, dalle destinazioni e dalle aziende. A loro interessa solo la visibilità, vi portano fuori strada per un pezzo di pane. Non svendete l’anima per un weekend. Non per motivi etico-religiosi, ma perché ai lettori non interessano i blog senz’anima. E dopo che non interessano più ai lettori, non interessano più nemmeno alle aziende.
- Non raffiguratevi gli sponsor, quando scrivete: pensate al vostro lettore e non ai vostri “colleghi”. Perché dovrebbe leggervi? In cosa siete diversi dagli altri? In cosa è diverso lui? Non mi dite vuole spendere poco/meno, che quello lo vogliono tutti. Tanto, quando diventerete davvero influenti, saranno le aziende a venirvi a cercare, in quanto diversi e specifici per un certo tipo di lettore, e vi si nota di più se non ci siete (cit.). E quindi non venderete Adsense, venderete la vostra consulenza.
- Quindi se parlate di birra, non potete parlare anche di spa. Anche se a me piacciono entrambe.
- Le aziende alla fine tengono in considerazione più le voci critiche di quanto ascoltino le voci facilmente ammaestrabili (queste finiscono alla rinfusa in liste che le agenzie di PR si copiano e incollano). Tenetene conto. Siate scomodi e rompiballe. A meno che non vi interessino le noccioline e basta.
- Non usate aggettivi superlativi. Anzi, non usate aggettivi e basta. I post con bellissimo, gustosissimo, simpaticissimo, stupendissimo stanno come il porno al sesso (cit.). Si capisce che la realtà del turista normale sarà differente.
- La trasparenza è giusta, la trasparenza vi consente di mescolare contenuto e pubblicità. Ma tenete conto che il pubbliredazionale e la pubblicità ibrida contribuiscono ad abbassare il valore di ciò che scrivete. Esattamente come per i giornali di carta, e come è stato per tutta la stampa di settore. Guardate le riviste di pubblicità (online e offline) infarcite di comunicati stampa e redazionali. Non se li fila più nessuno.
- Pensate che siete lì anche — come fine ultimo e superiore — per contribuire a creare un turismo migliore, e a volte questo passa attraverso qualcosa che non piacerà a chi ha costruito l’esperienza turistica degli ultimi trent’anni. Vi sembra un obiettivo così fuori portata? Non sottovalutatevi.
- E compratevi ‘sto cavolo di dominio, santocielo. Non dovete nemmeno iniziare, nel 2012, da un blog in Blogspot o in wordpress.com. Il visitatore e il PageRank (per capirci) deve essere vostro, non di Google o di WordPress. E scegliete UNA lingua. Scegliete quella in cui parlate. Si sente se non la parlate. E lo sente anche Google.
- se decantate il multimedia nei vostri pitch, non fate slide di solo testo. Anzi, in generale, non fate mai slide di testo. Anzi, non fate slide. Soprattutto usando il Comic Sans, o WordArt.
- Non sopravvalutate la potenza dei tweet e dei post sul mondo reale, soprattutto non vendetela allo scoperto. Io sono sei mesi che twitto e instagrammo foto di Villabianca, e non è mica diventata una località affollata di turisti, a occhio.
- Finitela di dire “ciao, sono un travel blogger”. Serve solo a rendervi uguali a tutti gli altri. E siccome il sindacato dei travel blogger non esiste, serve solo a rendervi mutuamente sostituibili agli occhi delle aziende e dei lettori.
- Perché i “blogger non esistono”, nemmeno i travel blogger #TBE12
- Pesto ai blogger vs racchette ai giornalisti (le PR 2.0)
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